martedì 17 luglio 2012

La donna-rana

  

Ti vedo sul pullman, al ritorno dal lavoro, linea 62.
Sei sedutà lì, in disparte, a leggere una rivista sui funghi ipogei. Sei bellissima.
Ti guardo per un po', sospiro.
Se fossi un pittore e dovessi rappresentare la donna dei miei sogni, dipingerei te. Anzi, spezzerei i pennelli, strapperei la tela e svuoterei i colori ad olio in un tombino, perchè preferirei estrarre la mia fotocamera digitale da 14 megapixel e farti una foto. Poi due, dieci, cento.
Che se fossi un pittore, comunque, mi romperei le palle, a dipingere. Sarei un pittore proprio poco appassionato.
Ti fotograferei la bocca, larga e un po' irregolare.
Gli occhi, piccoli e a palla.
I capelli color topo, il collo, quel collo splendido e sottile, tutto incassato tra le spalle strette.
La leggera gobba, sulla schiena, i seni piccoli, ripiegati sul costato.
Inquadrerei il tuo ventre gonfio da ogni angolatura, le tue gambe lunghe e sottili, i tuoi piedi grandi e palmati.
Ma non sono un pittore e non ho neanche una macchina fotografica, così non posso farlo.

Ti alzi, a un certo punto, e il mio cuore ha un sobbalzo.
Vieni verso di me, ondeggiando un po' e gonfiando la gola.
Per un attimo spero che tu mi dica qualcosa, che mi faccia un cenno.
Invece mi superi. Arrivi alla porta, e quando il pullman si ferma scendi.
È la tua fermata.
Inizio a tremare, per un attimo resto immobile, col terrore di non rivederti mai più. Poi faccio un balzo, blocco all'ultimo istante le porte e ti seguo.
Per una volta, nella mia inutile vita, ho preso una decisione. Ti seguirò, scoprirò dove abiti, cosa ti piace fare, quali mutandine indossi quando hai il ciclo.
Forse non sono un pittore, e non ho una macchina fotografica digitale, per ora.
Ma posso sempre diventare il tuo stalker. 

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